Ottimizzare i costi del marketing grazie alle (giuste) financial marketing personas
Quando i clienti sono tanti, come nel caso di banche e assicurazioni, non è banale capire come servirli al meglio: ciascuno ha i propri problemi e bisogni, interessi e sensibilità differenti.
Ma come si possono costruire strategie di marketing o interi piani industriali per centinaia di migliaia di clienti?
La soluzione è usare le “marketing personas” (o “customer personas”), che aiutano a capire i clienti identificandone bisogni, tratti rilevanti e comportamenti ricorrenti.
Le marketing personas sono profili di clienti che rappresentano ampie porzioni della customer base. Ciò semplifica la realtà e aiuta a formulare efficaci strategie di business.
La realtà non va semplificata troppo: non basta segmentare i clienti solo in base al denaro
Segmentare i propri clienti solo in base al reddito, o, al più, aggiungendo la dimensione età, è un po’ riduttivo, no? Va da sé che un cliente è qualcosa di più articolato del suo conto corrente e della sua data di nascita.
Allora, come costruire queste marketing personas nel settore dei servizi finanziari e far sì che semplifichino i processi ma al contempo siano rappresentative dei clienti?
Occhio alla specificità settoriale: concentriamoci sui servizi finanziari
Iniziamo col dire che costruire marketing personas per il settore dei servizi finanziari è cosa diversa dal farlo per il settore dei beni di largo consumo o qualsiasi altro settore: anche se il soggetto non cambia, è il cambio di prospettiva che è rilevante.
Immaginando un po’ astrattamente che un cliente sia un cilindro, un’azienda potrebbe volerlo vedere di lato, cogliendo l’immagine di un rettangolo, mentre un’altra azienda potrebbe analizzarlo dall’alto, cogliendo l’immagine di un cerchio. Insomma, l’angolazione conta.
Per dire, prendiamo come esempio una persona abituata a correre in montagna; essa sarà definita da caratteristiche ben diverse se visto da marchi del settore come Salomon o Garmin, rispetto alle caratteristiche che la definiscono come cliente della sua banca. Sì, ci sarà un po’ di intersezione su alcuni aspetti demografici ed economici, ma non molto altro. E, tenere conto della giusta prospettiva significa che servono i dati giusti. Cioè: servono informazioni davvero rilevanti per una banca o un’assicurazione (che tipicamente non si trovano su Instagram). E poi occorre selezionarle e combinarle – con le cosiddette “feature selection” e “feature engineering” – affinché la prospettiva sia quella giusta.
La segmentazione dei clienti attraverso l’IA: alla scoperta del “clustering”
Con l’avvento del Machine Learning, o se preferite l’AI, le marketing personas possono essere individuate e monitorate a partire dai dati. L’unsupervised Machine Learning, e in particolare il clustering, è lo strumento tipico per farlo: l’idea è quella di ravanare nei dati dei clienti cercando similarità e differenze, raggruppando i clienti che risultano simili. Semplice no?
No.
Nell’unsupervised Machine Learning non c’è una verità di fondo nella veste di una variabile di risposta Y che consenta di stimare la relazione Y = f(X). Ci sono solo le X. Ma dobbiamo comunque stimare f(X), ossia la funzione che segmenta i clienti e individua le marketing personas. L’algoritmo deve trovare strutture e informazioni nei dati… arrangiandosi.
Ora, nel Machine Learning in generale, andando al sodo, ci sono due principali fonti di conoscenza:
- i dati etichettati (cioè le Y);
- la business knowledge, la feature engineering, l’architettura dell’algoritmo.
Se mancano i dati etichettati (è il caso del clustering), resta solo la seconda fonte, che si riassume in conoscenze specifiche di Machine Learning e di business del team.
La vastità di errori a cui può condurre un uso ingenuo del clustering
Le scelte da compiere sono tante… E non è questa la sede per discettare finemente di selezione di algoritmi, stima di parametri e iperparametri, e via dicendo. Mi preme però darvi un’idea (riduttiva, invero) della varietà di metodi esistenti e della vastità di errori a cui può condurre un uso ingenuo del clustering. A tal fine lascio parlare l’immagine seguente, che mostra cosa capita nell’utilizzare alcuni degli algoritmi disponibili (sulle colonne) applicati a semplici dataset bidimensionali artificiali, cioè dei “benchmark” (sulle righe). I differenti cluster differiscono per i colori. Morale: è facile sbagliare. E anche di brutto.
L’assenza della “verità di fondo” (le Y) significa pure che non è banale verificare la sensatezza dei risultati. Voi direte: be’, basta guardare i dati. Mh. Il problema è che, ad esempio, in Virtual B stimiamo le financial marketing personas basandoci su un centinaio di variabili. E noi umani abbiamo un problema: al massimo visualizziamo le cose in uno spazio 3D, e qui invece abbiamo uno spazio a N dimensioni, con N>>3.
Dunque come farsi un’idea della bontà della nostra segmentazione della customer base quando la rappresentiamo in un mondo a 100 dimensioni, usando solo grafici a 2 o 3 dimensioni?
Per capire la ragionevolezza dei risultati con un’ispezione visiva dei dati (il che è assai utile: dopotutto il cervello umano è capace di grandi cose) servono metodi di riduzione della dimensionalità. Ovvero astute trasformazioni matematiche, come rotazioni e compressioni, che consentono di rappresentare i dati originali in uno spazio ridotto. Dati a 50, 100, 1000 dimensioni (e più) vengono “strizzati” e cacciati a forza in 2D, o 3D.
Vi sono molte tecniche per farlo, ad esempio factor analysis, t-SNE, UMAP, PACMAP. Sfortunatamente, queste trasformazioni complesse possono portare a vedere aggregazioni e cluster distinti quando in realtà non ci sono – ovvero si entra in spazi topologici potenzialmente lisergici per un Sapiens che vive in 3D.
Attenzione alle variabili categoriche: la scelta delle “etichette” è fondamentale
Le variabili categoriche sono etichette, e non numeri. Ad esempio professione, genere, residenza, e via dicendo. Guardate cosa succede se simuliamo due variabili totalmente indipendenti e che non formano alcun cluster, dove però:
- la prima variabile è numerica e continua, per semplicità pensate alla spesa procapite per un servizio bancario;
- la seconda variabile è categorica, diciamo donna/uomo (ribadisco che nella simulazione, non ha alcuna relazione con la prima).
Osservando il grafico seguente, vedete che la variabile categorica uomo/donna funge da attrattore, raggruppando l’altra variabile. Sembra ci siano due cluster (le due linee), ossia due personas: peccato non siano significative. Onde evitare allucinazioni statistiche occorrono tecniche di clustering adatte alle variabili categoriche, ad esempio k-prototypes.
Potrei continuare a tediarvi elencando punti di attenzione, ma mi fermo qui, sperando comunque di essere riuscito a rendere il discorso il più chiaro possibile.
Per individuare le giuste financial marketing personas, occorrono metodi e conoscenza specifiche
Come abbiamo visto, non basta affidarsi a strumenti di machine learning per migliorare la propria conoscenza dei clienti. Se lo fate, cercate sempre società che operano specificamente per il settore finanziario, e di cui conoscono le sfide sistemiche e organizzative. Questo perché i sistemi di clustering portano grandi conoscenze, tuttavia solo se usati nel modo giusto. Altrimenti, saranno solo tecnicismi di facciata che non porteranno reali risultati.
Ed è proprio questo che differenzia Virtual B dalle altre società presenti sul mercato italiano: i servizi e le caratteristiche che offriamo da anni ai protagonisti del wealth management, e di cui siamo tra i pionieri in Italia, nascono dalla profonda conoscenza del mondo dei servizi finanziari, delle sue sfide, ma anche delle sue grandi potenzialità al momento poco sfruttate sul territorio e troppo marginalizzate.
Se il tema ti incuriosisce, contattaci al link sottostante e scopri come applicare le logiche del Machine Learning ai tuoi processi aziendali.