Behavioural Profiling: l’evoluzione della profilazione nella finanza

Edgar Allan Poe affermava che tutto ciò che vediamo – e soprattutto come lo vediamo – è solo un sogno frutto della nostra mente. Lo scrittore statunitense non era poi così lontano dalla realtà scientifica, perché è ormai assodato che la realtà che percepiamo è diversa da quella reale: la percezione delle nostre azioni, del nostro stato d’animo, della qualità della nostra vita è sostanzialmente un costrutto della nostra mente.

Su questo fronte le scienze comportamentali ci hanno aiutato a comprendere che gli individui non sono propriamente esseri razionali, anzi, tendono a seguire regole semplici, intuitive, che spesso sono il frutto di barriere morali e culturali.

Nel profilare i propri clienti diventa quindi essenziale determinare non solo le caratteristiche oggettive, ma anche quelle legate alle singolarità comportamentali attraverso il Behavioural Profiling. Questo tipo di conoscenza aiuta a creare un enorme vantaggio competitivo sia in fase pre-sales che di post-sales, durante lo studio dei prodotti, nel disegno di campagne di marketing e, più in generale, nel modello di relazione azienda-consulente-cliente.

 

Che cos’è il Behavioural Profiling?

Il Behavioural Profiling è fatto di dati, algoritmi e software con le radici piantate in solide teorie accademiche. Sostanzialmente rappresenta lo strumento chiave che consente di conoscere, su base empiricamente e scientificamente solida, quei meccanismi emotivi, psicologici, culturali e sociali alla base dei processi di decisione, acquisto e relazione che caratterizzano il comportamento umano.

Grazie a questo tipo di profilazione le aziende possono prendere in considerazione quei fattori di natura comportamentale, sociale e psicologica e utilizzarli a proprio vantaggio sia in fase di acquisizione di nuovi clienti (tanto online quanto offline) sia successivamente, in fase di up/cross-selling.

Sembrano concetti vagamente astratti ma, per esempio, quando un agente assicurativo o un consulente finanziario e un cliente s’incontrano, la loro relazione è sempre regolata e motivata da emozioni, il cui peso varia da individuo a individuo, determinandone la dinamica.

Tutto molto interessante, sì. Ma in concreto? Del “fattore Behavioural” cosa ce ne fa l’industria finanziaria? Come si migliora la qualità dei servizi d’investimento o assicurativi grazie a queste idee? Come si supportano meglio i collocatori?

 

Behavioural Profiling nella finanza: la scienza di conoscere meglio i vostri clienti

Ormai lo sappiamo; le normative sono sempre più stringenti e ruotano intorno a un unico, grande paradigma: “Know Your Customer1, Know Your Products”, un dogma che obbliga il mondo del wealth management a individuare puntualmente bisogni e obiettivi dei clienti, vietando il collocamento di prodotti fuori “target market”. Tradotto nella pratica, tutto ciò rischia di ingessare il processo di vendita e far lievitare i costi di acquisizione dei clienti proprio per la scarsa capacità dell’industria di mettere a fuoco i bisogni reali delle persone.

È proprio qui che entra in gioco la profilazione comportamentale: calato nell’industria finanziaria, il Behavioural Profiling può fornire quel grado di trasparenza e personalizzazione richiesto dalla normativa europea e, soprattutto, dai clienti di oggi.

 

Il Behavioural Profiling: come si costruisce?

La rilevazione dei comportamenti può essere attuata con differenti strumenti:

  • questionari e survey (il questionario MiFID è un ottimo punto di partenza se costruito nel modo giusto);
  • situazioni di “gaming” (quiz, test ecc.)
  • analisi dei dati di navigazione e conversazioni con chatbot;
  • rilevazioni biometriche.

Come si può facilmente intuire, non tutte le modalità di rilevazione sono perseguibili nell’attuale “day-by-day” di un intermediario finanziario. Serve un processo preciso e organizzato, che parta dai dati individuali per poi integrarli con altre informazioni utili a completare il quadro di ciascun cliente o prospect.

Ed è qui che un’azienda differisce dalle altre in termini di efficacia nella profilazione: combinare i dati del singolo individuo con quelli di una popolazione campionaria più ampia implica l’uso di metodi di “data enrichment” che portano ad arricchire una certa base dati con informazioni esterne a essa.

 

Una profilazione a tutto tondo per rinforzare il legame fiduciario con il cliente

Pensate ancora che conoscere gli aspetti emotivi dei clienti non serva poi a molto in termini di vendite e profitto? Vi sbagliate, perché oltre a essere il fulcro della regolamentazione europea in tema finanziario, la personalizzazione costituirà anche lo spartiacque tra chi sopravviverà alla trasformazione costumer centric in atto e chi no.

Individuare questi attributi psicologici fondamentali è infatti di grande importanza: le informazioni vanno ad alimentare i processi aziendali a valle, in vari punti dell’organizzazione aziendale, offrendo indicazioni puntuali per personalizzare per esempio il servizio al cliente, il marketing digitale, il canale di servizio e la tempistica da privilegiare.

Ed è questo che facciamo noi di Virtual B. Lavorando insieme al Behave Lab dell’Università di Milano, abbiamo imparato a identificare numericamente gli aspetti comportamentali attraverso il Behavioural Profiling e l’uso dell’Intelligenza Artificiale, mettendo le informazioni al servizio delle aziende e dei loro relationship manager. Il tutto in un processo integrato che va dalla segmentazione della clientela alla personalizzazione dell’offerta in modo da fornire un’esperienza ritagliata sulle reali esigenze del cliente.

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1 – Know Your Customers: conoscere i bisogni dei clienti attraverso l’analisi dei dati